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Numero 19 | Anno 8 | LUGLIO 2018

Gruppo di ricerca del Laboratory of Chromatin Biology and Epigenetics. Foto archivio Università di Trento

Ricerca

LE RISPOSTE DELL'EPIGENETICA

Dal tumore al seno alle malattie rare: nuovi studi e nuove possibili terapie

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Lino Giusti
lavora presso la Divisione Supporto alla Ricerca Scientifica e al Trasferimento Tecnologico dell’Università di Trento.
L'attività svolta dal gruppo di ricerca del Laboratory of Chromatin Biology and Epigenetics esplora le nuove frontiere della biologia con interessanti applicazioni in campo biomedico e farmacologico.

intervista di Lino Giusti ad Alessio Zippo

Il Centro di Biologia Integrata (CIBIO) dell’Università di Trento si occupa di esplorare le frontiere della biologia applicando in svariati ambiti metodologie chimiche, fisiche e matematiche. Parliamo nello specifico con Alessio Zippo dell’attività svolta all’interno del gruppo di ricerca che coordina, il Laboratory of Chromatin Biology & Epigenetics. 

Professor Zippo, di cosa si occupa l’epigenetica? 
L’epigenetica è un ramo della biologia moderna che studia come il nostro organismo si adatta agli stimoli che provengono dall’esterno. Questo processo inizia sin dagli albori della vita, e modella lo sviluppo embrionale che darà poi origine a ciascuno di noi all’atto della nascita. L’epigenetica si occupa di decifrare quei meccanismi che permettono alla cellula di “utilizzare” solo una parte del genoma, di “interpretare” i segnali che provengono dall’esterno inducendo una plasticità e una adattabilità delle cellule stesse. Questi meccanismi avvengono a livello della cromatina che è la struttura dentro cui è racchiuso e regolato il genoma di ciascuna cellula. Al contrario del genoma, che deve essere conservato senza acquisire mutazioni che possono essere causa di diverse patologie come il tumore, la cromatina può cambiare continuamente, permettendo quindi alla cellula (e in definitiva all’organismo) di adattarsi ai cambiamenti e agli stimoli che riceve. 

Quali pensa saranno le sue principali applicazioni future? 
L’epigenetica è una disciplina in continua evoluzione e le sue applicazioni sono molteplici, dalle nuove cure per malattie genetiche rare alle malattie globali come il cancro. Infatti essendo l’epigenetica alla base della vita e dell’evoluzione dell’individuo, comprenderne i meccanismi è fondamentale per capire il nostro corpo e le sue risposte ai diversi stimoli. Scoprire questi meccanismi permette di prevedere come le persone possano rispondere diversamente al medesimo trattamento farmacologico. Basti pensare che per lo stesso tipo di tumore utilizziamo a priori un cocktail di farmaci senza però sapere come quell’individuo risponderà a tale trattamento. Anche le modernissime terapie antitumorali, frutto della medicina di precisione soffrono dello stesso problema perché non siamo ancora in grado di interpretare la diversità epigenetica e quindi come le cellule risponderanno. 

Di cosa si occupa il suo gruppo di ricerca? 
Il mio gruppo di ricerca si occupa di comprendere i meccanismi epigenetici di base per poi investigare come la loro deregolazione sia la causa di malattie come il cancro oppure di malattie genetiche rare come la sindrome di Kabuki. 

Nel caso del cancro, stiamo studiando come alterazioni dell’epigenetica possano determinare la formazione del tumore al seno e il suo propagarsi in tessuti distali dando origine alle metastasi. Utilizzando diversi approcci sperimentali abbiamo scoperto che un’alterazione dell’epigenetica cambia faccia alle cellule stesse che compongono la ghiandola mammaria, facendole acquisire caratteristiche di cellule staminali tumorali. Ciò avviene perché queste cellule “manipolano” il loro stato epigenetico, attivando quindi un diverso patrimonio genetico e rispondendo in maniera aberrante agli stimoli circostanti. 

Per quel che riguarda le malattie genetiche, ci stiamo focalizzando sulla sindrome di Kabuki, una malattia rara che colpisce i bambini dalla nascita e causa una serie di alterazioni dell’organismo. Come prima cosa abbiamo costruito un modello in provetta che ricapitolasse l’insorgenza della malattia, a livello cellulare. Grazie a questa strategia abbiamo potuto osservare cosa succede quando questo gene viene mutato in cellule staminali e abbiamo fatto interessanti osservazioni che ci dicono che la struttura della cromatina è fortemente compromessa. In particolare stiamo osservando una diversa capacità delle cellule di rispondere a stimoli meccanici come pressione o forza che normalmente guidano la formazione e organizzazione dei tessuti. Abbiamo inoltre trovato il meccanismo che permette alla cellula di “sentire” queste alterazioni della cromatina e stiamo validando sperimentalmente un farmaco che ha la potenzialità di restituire alle cellule la loro capacità di rispondere correttamente agli stimoli meccanici. 

In che modo il mondo dell’industria potrebbe relazionarsi con il suo laboratorio? 
Uno stretto contatto con il mondo dell’innovazione e delle start up può permettere di traslare le nostre scoperte in applicazioni per il campo biomedico. Questo sta già avvenendo, considerato che stiamo collaborando con la Bayer nello sviluppo di una terapia mirata a colpire cellule tumorali del seno. Tale collaborazione è nata come sviluppo della ricerca condotta nel mio laboratorio e ha portato alla pubblicazione di questi risultati sulla rivista internazionale Nature Communications. Attraverso questo lavoro abbiamo individuato diversi geni che vengono riattivati nelle cellule tumorali attraverso una riprogrammazione epigenetica. Tra questi ci siamo focalizzati su quelli codificanti proteine che potessero essere utili per lo sviluppo di una terapia di precisione con l’obiettivo di identificare e colpire selettivamente solo le cellule tumorali che riattivano questi geni. Con il supporto dell’industria stiamo mettendo in atto una ricerca traslazionale per disegnare e sintetizzare questi “proiettili” di precisione per poi verificarne la validità terapeutica. 

Analogamente stiamo valutando la possibilità di testare in modelli preclinici il farmaco capace di alleviare alcune alterazioni osservate nel modello in provetta della sindrome di Kabuki. Anche se il progetto è nelle sue fasi iniziali e saranno necessari ulteriori studi per confermare i dati sin qui ottenuti, sicuramente questo progetto e la sua applicazione nel campo della medicina di precisione potrebbe giovarsi del supporto dell’industria.