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GESTIRE LA PROPRIETÀ INTELLETTUALE

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Regole chiare per una vantaggiosa collaborazione tra università e imprese
Autore di un manuale redatto per conto dell’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (OMPI), Laurent Manderieux spiega come il trasferimento tecnologico possa diventare un’attività di successo e un’opportunità per tutti i soggetti coinvolti.
intervista di Marinella Daidone a Laurent Manderieux

La gestione della proprietà intellettuale è diventata una funzione di primaria importanza per le università, ne abbiamo parlato con Laurent Manderieux, adjunct professor presso l’Università Bocconi di Milano, visiting professor all’Università di Trento e autore del libro “La proprietà intellettuale nelle università: guida pratica alla creazione e gestione di uffici di trasferimento tecnologico”, redatto per conto dell’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (OMPI). Tra le aree di interesse scientifico del professor Manderieux ci sono il Diritto della proprietà intellettuale, materia su cui ha tenuto corsi in università di tutto il mondo, e il Diritto internazionale ed europeo.

Professor ManderieuxProfessor Manderieux, ci può spiegare il motivo del crescente interesse da parte delle università per il trasferimento di conoscenze e tecnologie?
Si tratta di un interesse rafforzato da una serie di fattori: innanzitutto da una grande ammirazione per il modello americano e in particolare per il Bayh-Dole Act, che ha dato la titolarità delle invenzioni alle università americane: diverse università hanno avuto ricavi enormi da questa legge che ha permesso anche di stimolare la ricerca scientifica negli Stati Uniti. Molti Paesi hanno cercato di copiare la legislazione americana per accrescere i fondi da destinare alla ricerca. Questa norma però fa parte di un complesso legislativo molto articolato che, trasportato in ambiti diversi, a volte non ha dato i risultati auspicati.

Un secondo aspetto riguarda invece il fatto che le università hanno capito che facendo conoscere i loro risultati tramite i brevetti danno una visibilità e una credibilità pratica alla loro ricerca. È un modo intelligente per instaurare una partnership con l’industria, visto anche l’abbassamento delle risorse pubbliche a favore dell’università.

Un vantaggio per gli atenei o un vantaggio anche per la società e per le imprese?
Dovrebbe rappresentare un vantaggio per tutti, come spiego nel mio libro, perché dà visibilità ai ricercatori e all’ateneo, permette alle imprese di trovare università per fare ricerche con loro e viceversa, attiva economie di scala e rappresenta quindi un interesse per tutta la società.

Quali le principali domande che un ateneo deve porsi quando decide di sviluppare la propria capacità di trasferimento tecnologico?
Le principali domande da porsi sono due. Faccio abbastanza ricerca per giustificare i costi della creazione di un ufficio di trasferimento di tecnologie? La mia ricerca è di qualità? Il primo passo dell’università è di fare una mappatura della sua ricerca, come quantità e come qualità. Per fortuna l’Università di Trento non deve preoccuparsi delle risposte a queste due domande che sono ampiamente positive.

Di quali strumenti l’università deve dotarsi per poter svolgere un’attività di successo in questo campo?
Deve innanzitutto disporre un’analisi interna sullo stato della ricerca, capire bene cosa fanno i ricercatori (chi fa cosa e dove), in pratica deve dotarsi di un sistema da tenere costantemente aggiornato che mostri il quadro completo delle attività di ricerca e sviluppo dell’ateneo.

Il secondo punto è avere statuti universitari, regole e politiche interne che permettano di valorizzare la ricerca tramite trasferimento tecnologico. È fondamentale inoltre avere un ufficio di trasferimento tecnologico sufficientemente dotato di risorse: si tratta di fare un investimento, il ritorno dell’investimento viene dopo. Occorre avere pazienza.

Cosa consiglierebbe a un’impresa interessata a una collaborazione con l’università, ci sono cautele da prendere in merito alla proprietà intellettuale?
Sia per l’università che per l’impresa lavorare insieme è sempre un’ottima opportunità. In particolare l’impresa che collabora con l’università ha costi di ricerca e sviluppo del prodotto inferiori e quindi vantaggiosi: lavorare con l’università è sempre un buon affare economico per l’impresa.

Ci sono però alcuni scogli da superare. Dappertutto nel mondo le imprese spesso percepiscono l’università come troppo rigida o burocratica. Io consiglierei all’impresa di focalizzarsi sulle sue necessità rispetto a quello che l’università possiede. Da parte sua l’università dovrebbe essere maggiormente capace di ascoltare l’impresa ed essere un po’ più elastica. Si tratta di avvicinare queste due realtà con vantaggi per entrambe. In materia di proprietà intellettuale occorre stabilire a monte della collaborazione università-impresa un regime chiaro sull’uso dei risultati della ricerca e su sviluppi ulteriori del progetto, in particolare a chi appartengono i diritti, se all’università (o al ricercatore), all’impresa o a entrambe.

La proprietà intellettuale è un bene da tutelare sempre e comunque o Lei ritiene che possa convivere con una logica di Open Access e quindi di diffusione gratuita dei risultati di ricerca?
Le due cose non sono contrapposte. L’Open Access è una delle “famiglie” molto rispettate e rispettabile della proprietà intellettuale: il titolare del diritto di proprietà intellettuale può sempre decidere di aprire i suoi diritti a terzi in una logica di condivisione, egli rimane comunque titolare del diritto “morale” di proprietà intellettuale. In moltissimi casi per l’università è più importante aprire i risultati della sua ricerca ad altri che tenerli riservati, dipende dalla strategia che decide di adottare.

Anche il suo ultimo libro è stato pubblicato in Open Access?
Sì, il libro è disponibile in Open Access, come molti testi di questa collana dell’Università di Trento. L’obiettivo è stato quello di condividere con la comunità universitaria alcuni valori e alcune riflessioni su come usare nel modo migliore la proprietà intellettuale.

APPROFONDIMENTI

Per approfondire i temi trattati nell’intervista vedi:
Laurent Manderieux (2012).
La proprietà intellettuale nelle università:
guida pratica alla creazione e gestione di uffici di trasferimento tecnologico.
Traduzione e adattamento in italiano dall’originale in lingua spagnola di Andrea Mazza, Laurent Manderieux, Roberto Caso e Paolo Guarda.
Quaderni del Dipartimento di Scienze Giuridiche, 106. Università degli Studi di Trento. ISBN 978-88-8443-458-6
http://eprints.biblio.unitn.it/4081/