PERCHÉ SCEGLIERE L’OPEN ACCESS

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La libera diffusione dei risultati di ricerca favorisce la collaborazione tra università e imprese
Tra i benefici del libero accesso vi sono maggiore trasparenza e visibilità, estensione e rapidità della disseminazione, minore tasso di duplicazione delle ricerche, potenziamento della ricerca interdisciplinare e trasferimento della conoscenza alle imprese.
di Valentina Moscon

Da circa un decennio la Commissione UE sta sviluppando politiche per favorire il rapido e libero flusso della conoscenza, rafforzando la capacità di innovazione sociale e tecnologica in un dialogo tra ricerca, imprese e cittadinanza. La stessa idea ha ispirato i promotori del movimento Open Access (OA), nato spontaneamente per favorire la disseminazione del sapere scientifico.

Il passaggio dal formato cartaceo a quello digitale dei documenti trasforma la fruibilità di libri e riviste. Un semplice esempio è l’accessibilità dei materiali nelle biblioteche. Mentre l’utilizzo di libri e riviste cartacee è possibile per chiunque, con le tecnologie digitali il controllo sui contenuti diviene totale, potendo precludere l’accesso a chi non sia membro della comunità accademica, o comunque non autorizzato dalla licenza concessa dall’editore ad accedere alle banche dati possedute dalle biblioteche e frustrando, così, le potenzialità di una tecnologia nata per la condivisione del sapere.

L’Open Access mira ad abbattere le barriere economiche, giuridiche e tecnologiche per l’accesso e l’uso dei risultati della ricerca. Dal punto di vista giuridico l’Open Access si concretizza nella concessione di alcune facoltà di utilizzo dell’opera al pubblico mediante contratto, cioè mediante licenza di autorizzazione gratuita, irrevocabile e universale. L’autore può scegliere di pubblicare direttamente su riviste ad accesso aperto (gold road) o autoarchiviare e pubblicare articoli già apparsi in riviste convenzionali su repositories (green road), che possono essere disciplinari, come Pubmed (la più grande e prestigiosa banca dati biomedica gratuita), o istituzionali, come unitn e-prints dell’Università di Trento. La via verde è quella maggiormente percorsa sino ad oggi, anche se le esperienze
riconducibili alla gold road sono in costante crescita. Da queste va distinta la cosiddetta hybrid o red road che offre la possibilità di pubblicare singoli articoli secondo gli standard Open Access in riviste convenzionali, a fronte di un pagamento ex ante da parte dell’autore o dell’istituzione finanziatrice della ricerca.

I benefici del libero accesso alla conoscenza sono riscontrabili in termini di trasparenza verso la cittadinanza, visibilità, estensione e rapidità della disseminazione, compressione del tasso di duplicazione delle ricerche, potenziamento della ricerca interdisciplinare e trasferimento della conoscenza alle imprese. La comunicazione è fondamentale per la ricerca e il trasferimento tecnologico dall’università al mondo imprenditoriale: apre la via a collaborazioni tra istituzioni scientifiche e imprese e favorisce l’innovazione e quindi la crescita sociale ed economica. È nell’ambito della ricerca finanziata con denaro pubblico
che possono essere intraprese linee di ricerca nuove, senza che debba necessariamente esservi immediato riscontro applicativo.

L’UE, seguendo il percorso tracciato già da qualche anno oltreoceano, invoca una regolamentazione dell’Open Access a più livelli, coinvolgendo gli Stati e le singole istituzioni di ricerca. In questo contesto si colloca la legge 7 ottobre 2013, n. 112 art. 4, commi 2, 3 e 4. La norma, pur nel rispetto dell’autonomia universitaria,
vincola “i soggetti pubblici preposti all’erogazione e alla gestione dei finanziamenti della ricerca scientifica” all’attuazione delle “misure necessarie per la promozione
dell’accesso aperto”. Così, l’Università di Trento, anche grazie al lavoro di esperti come il professor Roberto Caso, delegato del rettore per l’open access e le politiche contro il plagio, ha recentemente adottato una policy sull’accesso aperto alla letteratura scientifica, che istituisce, tra l’altro, appositi organi di impulso e gestione.

Il documento richiede il deposito delle opere nell’archivio istituzionale e incoraggia la pubblicazione ad accesso aperto con alcuni meccanismi di incentivazione.
Prevede che per l’attività di valutazione interna ed esterna l’Università prenda in considerazione esclusivamente i contributi depositati nell’archivio. L’accesso aperto sarà inoltre integrato nelle procedure di valutazione della qualità della ricerca, incoraggiando così gli autori a seguire questa strada, oggi ostruita, in parte, proprio dal
sistema di valutazione della ricerca scientifica. 

Lo strumento normativo rappresenta solo un impulso per l’affermazione dell’Open Access. La migliore prospettiva di cambiamento risiede, infatti, nelle regole etiche e nelle norme sociali attraverso un processo bottom-up, che veda coinvolti sinergicamente tutti gli attori del processo di creazione e diffusione della conoscenza.

 

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